ATTACCATI AI LAMPIONI

Communismo?..e'sucesso nella casa dei folli.
Nella stanza tichittavano 300 orologi salvate dalla spazzatura. Tutti feriti nella guerra con tempo, alcuni erano convalescenti senza entrambi le mani, altri con una mano solo, zoppicavano avanti a ritmi diversi: ognuno indicava il tempo suo.


La stanza rispecchiava il cervello di suo padrone: totale scollegamento tra parti che in sé si potrebbe definire " affascinanti"...sembrava una collana sparsa di pietre preziose. Tutto stava lì dentro il cervello: brillanti pensieri, fantasie... se solo fossero collegati tra di loro in una catena! ..Ma non lo erano.


Come un gelato semifreddo, il padrone di casa fu un semi-matto; un geniale folle lucido, soprannominato da noi "Robin Hood".


Sui soppalchi furono appesi numerosi vestiti di Robin Hood in un perfetto ordine. Tra loro si trovavano almeno una decina di suoi personalità: quelli usati spesso, ma anche quelli che spuntavano d’improvviso… quella che lui indossava più spesso (gli si addiceva bene, un costume comodo, quotidiano), fu quella di un ragazzo del sud cresciuto per strada,  un Peter Pan, un sognatore allegro.


L’altra: un eterno anarchico senza casa chi si diletta ad occupare spazi in degrado. Un giorno per un capriccio del destino lui finì'  padrone del castello a Roma. Dotato di gentilezza degli Italiani di una volta, quando si dilettavano d’ incontrare il viaggiatore, quando si  diceva: "La mia casa è la tua, benvenuto!", Robin Hood lasciava la porta sempre aperta. Lui viveva quasi senza soldi, ma gli ospiti non gli mancavano mai.


A Roma spazi per artisti erano scarsi. Ho dovuto fare il mio laboratorio nella testa di un folle.


Era pericolante, nello stato di degrado,  eppure bellissimo: caos totale ma anche totale libertà.


Non si trattava di fare l’arte nel senso "creare oggetti d'arte", oppure "fare spettacoli",  si trattava di realtà "sognata" dei personaggi che ci abitavano dentro. Non si producevano nuovi oggetti, s'inventavano nuove combinazioni di ciò che già' si trovava sottomano. Ma soprattutto s’immaginava di continuo come si potrebbe trasformare il mondo intorno, fu un continuo delirio collettivo creativo e divertentissimo.


Luce? Eravamo attaccati ai lampioni. L'enorme palazzo fu sempre illuminato come casa del Re; le bollette pagava comune di Roma, intanto per cambiare il solito rapporto tra ladri grandi e ladruncoli.
Avevamo tutti gli strumenti per lavorare il legno, il metallo, anche un forno per fare la ceramica, tutto quanto recuperato dalle pattumiere, riparato da Robin Hood.


Non solo gli oggetti, ma anche i miei vicini erano personaggi provenienti dalla discarica, con la psiche illuminata da luce di Roma rubata che arrivava via  scosse elettriche, erano tutti psicologicamente "attaccati ai lampioni".


Robin  Hood fu un’inventore che non portava niente a termine, era in balia delle immagini e idee, che lo sommergevano. Nella sua stanza c'erano ovunque dei prototipi: disegni della bicicletta con trazione a vento, le ali per velocizzare le macchine, tubature volanti, c'era anche un "Sdizionario"-linguaggio inventato da lui dove tutte le parole cominciano con l’'S", le pagine sparse di "Vangelo secondo La Maddalena". C'era pure un abbozzo di un libro di filosofia scritto da lui, che cominciava così, "Ci sono stronzi mobili, fissi e galleggianti...". Il suo tavolo fu sopraffatto da decine di progetti come rifare i parchi, come costruire le impalcature senza i chiodi, come far crescere gli alberi, da giocattoli per bambini recuperate dalla spazzatura e rifatte da capo, da piccole sculture di legno, e di installazioni di vari tipi.


Suo cervello fu come l’Universo in continua espansione, nel suo fantasioso divenire; se come Robin Hood non riusciva a fermarsi neanche per un’attimo, le sue fantasie non si trasformano mai in qualche cosa di concreto;  la sua creatività fu allo stato brado, nel suo turbolente, inarrestabile movimento, il puro pensiero, polvere stellare sparso nel buio. Il risultato solidificato da creatività non lo interessava.


Secondo il personaggio il comportamento.


Il suo motto fu "tutto ciò che è tuo può diventare mio"; nostro Robin Hood non riconosceva la sacralità' di proprietà, né del salame fregato da lui alla SMA ne delle idee degli altri. Salame tritato veniva aggiunto al sugo della pasta, idee delle altri venivano integrati in blocchi nei suoi sogni grandiosi.


La sua provvisoria dimora fu un'isola di libertà persa nel mare, nel oceano di tempo libero da godere in vari modi. Non c'erano né programmi, né “progetti”.  Tutto si faceva come giocano i bambini. Si svegliava ed ogni giorno si diceva, "Che si fa oggi?" e s’inventava un nuovo modo di godere la giornata...


Rapporto con la realtà fuori?
A mi piaceva creare enormi cartelloni  composti di pezzettini di plastica, i commenti su ciò che succedeva nella società'. Durante le elezioni, quando tutta Roma fu piena di ritratti dei candidati, il muro del nostro palazzo proponeva "Vota te stesso!".


Rischiando ad ogni passo cadere giù dal 4ò piano, camminando sulla cornice che si sbriciola sotto i suoi piedi, Robin Hood appendeva ogni settimana un nuovo cartellone, a volte erano riflessioni mie, a volte poesie di altri poeti:" l’Esorcismo con il ridere" di Vladimir Chlebnikov, "Anche se parlassi la lingua degli angeli, ma non avessi l'amore" di St.Paolo, "I saw a dream, it was not just a dream..." by Lord Byron. In quel modo facevamo l’azione di disturbo dando spazio ai pensieri e alla poesia, tappezzando il palazzo dal 4° piano in giù. Non era la citazione di Cristo, un artista americano chi avvolgeva superfici non si capisce perché. I nostri messaggi si capivano e come!.. a volte non c'è bisogna di protestare, basta esserci.


 Amore? Il gioco era psicologico, pericoloso e semplice:  assecondare tutti i nostri desideri, tutti quanti, nessun limite in testa, senza complessi, senza sensi di colpa,  senza scuse, senza  domande e spiegazioni.


Eva era una poetessa, ma a me sembrava una poesia, una corda sensibile di violino tirata al massimo, pronta a scoppiare in qualsiasi momento. Il suo sguardo fu languido, invece. Ho visto occhi simili soltanto nelle icone Russe, nei capolavori: lì c'era la comprensione totale, l’amore infinito, il perdono per tutti i peccati. Eva distribuiva gratis il suo corpo esile, di un ragazza francese adolescente tra uomini immigrati affamati per le donne.


Come scriveva Majakovskij, "Maria! Pregherò di darmi il tuo corpo se come fosse il pane quotidiano!.." E così lei si dava via, come se fosse il pane quotidiano. Era matta, certo, veniva da una famiglia benestante, non lo faceva per soldi, né per amore del sesso, ma per la pietà; fu una vera santa cristiana, un relitto preziosissimo, trovata dal suo amoroso, Riccardo, in una grande pattumiera umana, Roma.


Riccardo era un "ideatore": dipingere fu la sua attività di copertura. Lo faceva malissimo, era il suo modo di farsi del male, d’evitare l’incontro serio con se stesso. Si dice che la guarigione della malattia è la sua trasformazione in qualche cosa di più sottile, ma nello stesso genere.
Come Eva, lui veniva da una famiglia benestante, in più, aveva un talento straordinario per fare soldi; nella gioventù fu proprietario di una radio di successo. Eppure sua vita fu vita turbolenta: parecchi anni ha passato nel manicomio "Santa Maria della Pietà" , dopo di che anni di droga, in più si ubriachava, finalmente finì in coma; è uscito di coma per miracolo ed ha deciso di…vivere. Ha smesso di drogarsi e bere l'alcool d'un colpo.


Sua genialità fu nascosta; ne sapevano pochissimi amici intimi. Riccardo fu' un sognatore pragmatico. Aveva un gusto straordinario per la decadenza, anche se non scriveva le poesie, fu un vero poeta, come il suo ave Gabriele D’Annunzio. Solo che il suo modo di essere poeta giaceva nel pensare, nel vedere, non nel fare.


Esempi.


La zona dell'Ex-Mattatoio fu una zona in degrado, dove vivevano persone di diverse nazionalità nelle baracche, tutti quanti psicologicamente "attaccati ai lampioni". Per rovesciare la situazione, per trasformare i miserabili poveracci nei proprietari di case al centro di Roma, Riccardo progettava un complotto con l'amico architetto: dare la vivibilità alle baracche, arredarle con l’arte di riciclaggio, facendole diventare bellissime strutture sia fuori che dentro, in più'-creare sculture di spazzatura  per abbellire lo spazio. Tutto questo si doveva fare senza fondi, con le forze proprie, nel tempo brevissimo. Solo ad un matto poteva venire l’idea simile guardando il più triste, più degradato quartiere.
Come fare le mostre? Riccardo suggerì-appendere quadri attaccati ai fili tra i lampioni; intanto eravamo tutti attaccati ai lampioni, perché quadri-no?
Purtroppo Riccardo soltanto pensava di queste cose, dipingendo nel frattempo quadri mediocri. Perché? Sara' perche' lui fu un relitto della civiltà di una volta, quando gli "ideatori" si chiamavano "oracoli" ed avevano funzione concreta nella società,  quando "visionario" era una parola che aveva un significato (nei nostri  tempi "l’ideatore" è un termine vago).  

 
A me, invece, chiamavano la "castellana", Io fu compagna di Robin Hood.
Per me tutto quanto, incluso me stessa, erano gli elementi con quali sperimentare modi nuovi di vivere. Come Riccardo mi dilettavo nell’ideare; in questo senso eravamo quasi identici.


Io venivo da un'altra sponda che compagni intorno: non ho mai fumato una sigaretta, ne una canna; mio c.v. fu semplice e lineare: un’artista diplomata in cinema, figlia dei professori. Pero', gente del mio ceto sociale mi annoiavano a morte, eppure era stranissimo sentire grande affinità con un ex-drogato, un ladro e una donna di tutti, tutti quelli ”attaccati ai lampioni.
Anche se si viveva fuori da tutto, la trasformazione di societa' m’interessava e come!..Mi dava sempre un enorme fastidio la disuguaglianza tra gli uomini, l’arroganza di quelli nel potere. Ma non credevo nelle soluzioni politiche.


Il potere può essere rovesciato in tanti modi, I sit in, spari dell'Aurora, discorsi di Lenin, però' quanta rhetorica, rumore, sangue! Volevo trovare una formula più elegante, da sperimentare nel piccolo e nel privato per cominciare. Il rovescio del potere, re-distribuzione dei beni: potrebbe essere come nei collage, gli stessi elementi messi in un nuovo ordine creano un quadro significativo, dove elementi acquistano un senso opposto a quello di partenza? Intuivo che può essere, ma come? L’idea è stata suggerita dal caso ( meglio non programmare nulla, lasciare che le cose accadono da sole).


Gli opposti spesso s’attraggono- mi sono innamorato con un illustre chirurgo, chi e' capitato di essere pure un primario dell'ospedale psichiatrico. Fu un colpo di fulmine, un amore a primo sguardo, abbiamo deciso di vivere insieme subito.


Come si deve, il dottore aveva l'appartamento a Parioli. Appartamento ai Parioli?  Sarebbe un pessimo cambio. Mia casa era il castello occupato, il mio laboratorio si trovava dentro la testa di Robin Hood. Come potevo andar via?
In questo tempo Riccardo finì in prigione per una vecchia storia con la droga (nella casa nostra nessuna si drogava, l'energia creativa fu il nostro unico eccitante). Il suo alloggio si trovava sopra l'appartamento di Robin Hood. Era un appartamento arredato con lusso estremo, pieno di oggetti antichi rarissimi, cadeva l'acqua dal buco nel tetto; tutto ciò' era bello, molto scenografico, surreale. Il sipario di seta rossa che copriva la cornice della finestra senza vetro tremava al vento come una bandiera.


IFu un perfetto spazio per sperimentare la rivoluzione dei ruoli.


Ho detto a Robin Hood le novita per lui spiacente, citando il suo slogan amato,"Evviva l'amore libero!" Spudoratamente lo spieghai che e'arrivato il tempo di mettere sue credenze anarchiche alla prova... Lui fu talmente stupito che non mi disse nulla. La mia richiesta di portare il nuovo amoroso vivere nella sua casa l'ho sbalordì ancora più' di mio innamoramento con un'altro uomo. "La mia casa e' qua", l'ho spiegai...cosa poteva rispondermi? Nell'anima lui fu un grande gentiluomo.


Tutto era così naturale, stretta di mano tra due rivali, simpatia reciproca dal primo sguardo.


Si potrebbe dire che non è cambiato nulla nella nostra vita. Robin Hood cucinava per tutti, si mangiava da lui, si dormiva "da noi". Il dottore sempre portava con sé una grande torta di cioccolata, vini squisiti, frutta. Gli uomini hanno scoperto che sono entrambi pugliesi, della stessa zona, s’interessavano di matematica  entrambi,  Robin Hood  ha fatto vedere al dottore alcune delle modifiche fatte da lui alla casa-come ha fatto i tubi del bagno, l'impianto d’elettricità, il dottore è rimasto fulminato, "Sono delle scoperte brillanti, sai? Ognuna di queste potrebbe renderti tanti soldi. Basterebbe fare un brevetto." Ogni giorno diventavano sempre più amici, con l'unico particolare, nell'ospedale psichiatrico comandava il dottore, mentre qua era l’ospite nella casa del matto,  il padrone indiscusso fu Robin Hood.


 Seguivo a fiato sospeso lo sperimento emozionale che si sviluppa nel "mio laboratorio". Funzionava! Il dottore, affascinato dall'atmosfera surreale della casa in degrado, ha deciso di ri-arredare dal capo il suo appartamento ai Parioli, comprando ai prezzi di capogiro gli oggetti trovate per strada e modificate da Robin Hood: un tavolo di marmo, gli specchi, dei lampadari…gli piaceva molto vivere fuori " vita normale", fuori scemi, cominciava ad amare la follia, assecondarla, ma era limitato- poteva soltanto scimmiottare il geniale Robin Hood. In più, non poteva godere la vita come noi: di giorno doveva tornare nel mondo per sopprimere, per drogare sfortunati chi sono finiti nei ospedali psichiatrici, fu pagato profumatamente per questo.


Tutto andava bene, tranne che Robin Hood  passava tutte le notti fuori, davanti al portone, ascoltava l'organetto a manovella, che ripeteva una melodia tristissima, forse rimanere nella nostra stanza da solo fu un po’  strano per lui. Di giorno la nostra vita ritornava al “normale”, facevamo le stesse cose come prima tranne baciarsi. Lui era attento di non toccarmi neanche per la mano, di non sfiorarmi in nessun modo neanche per caso.
Era una situazione stranissima. Io mi rendevo conto sempre di più che ho fatto il pessimo cambio (dottore FU l’appartamento ai Parioli), d'altronde la guerra "privata" del nuovo inquilino fu persa in partenza, quale intellettuale può reggere il confronto con la fantasia erotica del Peter Pan del sud cresciuto per strada?


Era naturale ritornare insieme. Da noi non si dicevano bugie- tutto in faccia. Appena saputo che e' stato licenziato come amoroso, il dottore fu furioso, caduto a pezzi emotivamente, "Cosa mi hai fatto! Devo cercare subito l'aiuto di un'collega!", urlava.

...La busta con aranci deliziosi che lui ha portato per la cena si' e' rotta e gli arance si rotolavano d'avanti al ingresso sul pavimento nella polvere...


 Malgrado tutto, il dottore non e' riuscito andare via, pure lui ormai fu "attaccato ai lampioni". Abitava nell'appartamento sopra, mangiava da noi, ma ora il primario dell'ospedale psichiatrico era come un povero parente che viveva nella casa dei folli  per la pietà di un matto anarchico squattrinato.
Spesso mi domando, "E se non ci fosse la passione in mezzo, se ci fosse un semplice conoscerci? Se ci fosse un gruppo di persone che hanno punti di vista opposti, che vivono insieme per un periodo, creando le cose insolite insieme in un modo allegro?  Per forza ci deve essere un’amorosa  stravagante per lasciare l'appartamento ai Parioli? "


E se il modo più efficiente di cambiare la società sarebbe creare occasioni simili per far capire ai ricchi quanto sono poveri?


Sognavamo di fare tante cose ancora, ma presto è arrivato lo sfratto.
Dalle finestre volavano camicie di seta di Riccardo, tutte marche: GUCCI, ARMANI, MATTIOLI, sembravano farfalle impazzite che fluttuavano nell'aria...
Nove container si sono riempiti di oggetti d'antiquariato rarissimi, quadri moderni, sculture, libri, prototipi abbozzate su pezzi di carta, "Sdizionario", "Vangelo secondo la Maddalena"...


Nessuno di noi abbia mosso un dito per salvarli: tutto ciò serviva per decorare il sogno, in sé non aveva il senso.


 Alla fine ciò che cambia gli uomini è un schianto violento con la poesia, una prolungata esposizione ad essa in tre dimensioni , dopo averla assaggiata è impossibile cibarsi di realtà scialba, ma se uno lo fà comunque, ha un metro di misura e nel suo piccolo la cercherà sempre in qualche modo.

Communismo? E’possibile, ma è riservato ai folli .